martedì 25 febbraio 2014

L'età dell'innocenza

Il primo libro di cui vorrei parlare è uno dei miei romanzi preferiti, ovvero L'età dell'innocenza della scrittrice americana Edith Wharton, pubblicato nel 1920 e grazie al quale l'autrice vinse, nel 1921, il prestigioso premio Pulitzer.
La storia è ambientata a New York nella seconda metà del XIX secolo: i personaggi coinvolti appartengono all'alta borghesia cittadina, ritratta dalla Wharton come  fortemente legata a rigide convenzioni sociali e a valori spesso futili e inconsistenti. Uno dei protagonisti, il giovane avvocato rampante Newland Archer, è fidanzato a May Welland, una ragazza educata, di sani principi, docile e graziosa. Stanno per sposarsi, ma ben presto l'incontro di Newland con la protagonista assoluta del romanzo, la contessa Ellen Olenska, moglie separata di un autoritario conte polacco da cui è fuggita e cugina di May, si rivela fatale. 
Newland si avvicina inizialmente ad Ellen come sostegno giuridico, occupandosi dei suoi interessi legali, ma sin da subito rimane affascinato dalla cultura, dalla bellezza e dall'anticonformismo della contessa: a lei non sembra importare ciò che la gente pensa di lei, anzi rivendica un'autonoma libertà di pensiero ed azione.
Tra loro s'instaura con grande naturalezza una forte affinità, che si trasforma in poco tempo in un forte sentimento d'amore, temuto e negato  in particolare dalla contessa Olenska, che non vuole tradire la fiducia e la generosità della cugina May. Newland si ritrova quindi ad onorare una promessa, quella di matrimonio, che lui stesso, in cuor suo, sapeva di non poter mai spezzare: Ellen con la sua passionalità e schiettezza è ai suoi occhi tutto ciò che è più desiderabile dalla vità, ma allo stesso tempo rappresenta dei valori, quelli di libertà, spregiudicatezza, emancipazione in cui egli non si identifica del tutto. Il loro rapporto oscilla tra l'attrazione e il rifiuto, la vita trascorre in un profondo senso di insoddisfazione, malinconia e nostalgia per ciò che non si è voluto vivere fino in fondo. Non è il destino a dividere i due personaggi, ma le loro scelte, o meglio le non scelte, l'impossibilità del cambiamento, il timore per qualcosa di non ancora conosciuto. Tra loro rimane solo una promessa, quella di non guastare il loro amore tradendo la fiducia di altre persone, riuscendo a trovare un "equilibrio perfetto tra la realtà che dovevano agli altri e l'onestà verso sè stessi".
In questo libro mi sono sentita fortemente coinvolta dal dramma interiore vissuto dai personaggi, dalle mancate possibilità che si sono voluti dare: sono qui le non scelte a determinare il vissuto delle persone, oltre che la volontà di non sfuggire all'innocenza nominata nel titolo. Innocenza significa non tradire le convenzioni di una società rigida, monolitica, dove non c'è spazio per la felicità autentica, spontanea, selvaggia: il prezzo dell'innocenza è alto. Ci si sente quindi appagati anche soltanto da  uno sguardo sfuggente, da un lieve contatto delle mani, dalla consapevolezza di guardare distanti lo stesso lago.

Chiara

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