domenica 23 febbraio 2014

Christine de Pizan, un'antesignana del femminismo.


Vorrei inaugurare il blog con un articolo dedicato ad una figura femminile, Christine de Pizan, poetessa e scrittrice francese nata però a Venezia e vissuta tra il XIV e XV secolo, considerata dagli studiosi la prima scrittrice di professione europea. Si tratta di una donna che seppe vivere della propria poesia in modo autonomo, distinguendosi per il pensiero originale e irriverente dei propri scritti.
La sua biografia ci restituisce l'immagine di una donna forte, indipendente, che dopo la morte del marito si occupò da sola dei propri figli ed ebbe il coraggio di fare della propria passione, la scrittura, alimentata da un'educazione letteraria maturata in gioventù alla corte di Carlo V, una professione, in un mondo dominato da uomini. Lei stessa su di sè scrisse:
  Or fus jee vrais homs, n'est pa fable, / De nefs mener entremettable
 "Allora diventai un vero uomo, non è una favola, / in grado di condurre le navi".


La sua produzione letteraria è vasta ed eterogenea (si passa dalla poesia lirica, a quella allegorico-didattica, morale, a testi filosofici, poltici e religiosi), tesa a combattere la misoginia imperante e a proporre un'immagine femminile non stereotipata, come quella fornita, ad esempio, dalla letteratura cortese dell'epoca. Intendo qui soffermarmi sulla sua opera più nota, che uscirà presto e per la prima volta con traduzione in francese moderno a fronte e ricco apparato critico a cura di Dominique Demartini e Didier Lechat, ovvero il Livre de la Cité des Dames, composto tra 1404 e 1405. Si tratta di una vera e propria rivisitazione o riscrittura del famoso Roman de la Rose, opera celebre del XIII secolo, in cui sono descritte le regole dell'amore cortese. L'ideologia cortese è qui rifiutata e ridicolizzata e sono piuttosto sottolineati gli inganni e le menzogne dell'amore. Ad essere oggetto di descrizione è una città immaginaria, figura allegorica di uno spazio in cui le donne sono libere di esprimere la propria autonomia e libertà lontano da pregiudizi misogini: alla base della narrazione vi è l'iniziazione amorosa di un duca, di cui non conosciamo il nome, innamorato di una nobildonna. La dama di compagnia di quest'ultima è Sybille de la Tour, dietro la cui voce riconosciamo chiaramente il pensiero della scrittrice, che mette in guardia la donna, tramite una lettera, dei pericoli e inganni d'amore: si noti il nome parlante della dama di compagnia, presentata come una vera e propria profetessa degli effetti negativi d'amore. Nel racconto vengono inoltre inseriti degli spunti di riflessione derivati da dialoghi che avvengono con tre dame che popolano tale fantasiosa città, le quali impersonificano tre delle virtù cardinali, ovvero Ragione, Giustizia e Rettitudine: emergono temi importanti e dal sapore attuale, quali ad esempio la necessità dell'accesso all'istruzione per le donne, dell'uguaglianza di diritti tra uomini e donne, il matrimonio come realtà spesso violenta e non sempre idilliaca.
Molto moderna e allo stesso tempo disincantata è la visione dell'amore proposta dalla scrittrice francese: il sentimento amoroso sembra, a suo parere, destinato a spegnersi nel corso del tempo, è segnato dall'illusione, dalla delusione e dall'inganno e per tali motivi deve essere evitato. Una donna non ha bisogno di un uomo a lei vicino per sentirsi realizzata, ma deve piuttosto preservare la propria intelligenza, autonomia ed onore, valori utili quindi per edificare una città eterna, quella appunto delle Dame, all'interno della quale le donne non sono sottoposte a frivoli e superficiali giudizi, ma a gloria imperitura.
Questa figura mi ha colpita per i suoi tratti squisitamente moderni, attuali e, ancor più, per l'orgoglio da lei mostrato di essere donna, che la portò a rovesciare le rigide convenzioni del tempo, attaccando la tradizione letteraria maschile, riuscita ad imporsi per la mancanza di una valida controparte femminile.
Chiara.




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